Phil Spencer, capo della divisione Xbox, è sempre in prima linea riguardo ai problemi del mondo videoludico. Il suo motto, infatti, è “mettiamo il gamer al centro di tutto“. Ciò che deve però realmente cambiare non è l’hardware delle console, ma il modo in cui i giochi sono prodotti e giocati.

I videogiochi come servizio

Negli ultimi cinque anni abbiamo visto l’avanzare di un nuovo concetto: il videogioco come un servizio. Ciò significa che il supporto della software-house per un nuovo titolo non si ferma dopo il lancio. Esegue server multiplayer in modo che le persone possano competere online; rilascia contenuti aggiuntivi scaricabili – DLC – sotto forma di nuovi elementi, mappe e storyline – talvolta anche gratuiti. C’è una motivazione semplice dietro queste nuove modalità: i costi dello sviluppo di giochi mainstream, infatti, stanno crescendo molto velocemente. Per fare un esempio, passare dalla risoluzione 1080 p a 4K porta cicli di sviluppo più lunghi e più personale. Un modo per ripagare i costi maggiori è garantire che i giocatori che godono di un titolo rimangano e continuino a investire nello stesso.
Giochi come Destiny e The Division sono degli esempi di videogioco come servizio.  Entrambi i titoli hanno mantenuto basi di utenti enormi e redditizie anche in questa epoca volatile e incerta. Destiny ha 30 milioni di giocatori attivi, fornendo ad Activision un quarto dei ricavi digitali. Un videogioco di questo tipo, però, necessita di reti server particolarmente estese, con costi di mantenimento alti. Costi che piccole squadre di sviluppatori non possono permettersi.

Interviene in questo aspetto Phil Spencer:

La prossima ondata di innovazione deve essere per noi come una piattaforma di sviluppo. Immaginiamo 10 persone in un garage che hanno un’idea per un gioco basato su servizi. Che cosa significa per loro costruire l’infrastruttura per andare a creare quel gioco? Come possiamo aiutarli? E dall’altra parte, ci sono cose che possiamo fare per sostenere uno sviluppatore che deve passare a un nuovo titolo, ma vuole ancora sostenere la base del gioco precedente? Questo è ciò che conta per me.

Un’unica grande rete di server: Azure

La soluzione di Spencer sembra prevedere l’apertura della piattaforma di Azure anche ai team minori. Garantire l’accesso alla rete globale di server del cloud Microsoft porterebbe a un abbattimento dei costi di sviluppo dei videogame.

Non devono comprare un gruppo di server da soli e sperare che ci siano abbastanza giocatori a pagare per loro. Possiamo costruire sulla scalabilità elastica della nostra piattaforma. Da un punto di vista dell’affidabilità, la questione della latenza è stata una parte importante dell’investimento che abbiamo fatto nei nostri server. Abbiamo parlato molto alla stampa del lato consumer di Xbox Live con Arena, Club e altre innovazioni. C’è un intero team di sviluppo dietro, e ne sentirete parlare nuovamente presto.

DLC, Microtransazioni e freemium

Bisogna però considerare anche l’altro lato della medaglia. Se da un lato avremo titoli con un online più duraturo, dall’altro rischiamo di trovare titoli che abusano di DLC, di microtransazioni e di meccanica freemium. Una situazione analoga a ciò che succede nell’ambito smartphone.

Mi preoccupa anche questo. Ciò che temo è che un gioco non basato sulle transazioni debba necessariamente inserirle per sopravvivere in questo mondo. Sono preoccupato per l’innaturalità di queste cose. Fifa Ultimate Team è un successo e la gente lo adora. L’utilizzo delle card e il modo creativo in cui è stata inserita la monetizzazione hanno convinto il pubblico. Di conseguenza, milioni di persone pagano per continuare a giocare.
Se però mi trovo davanti a un gioco single-player e tutto d’un tratto devo pagare per proseguire nella campagna, penso “Un attimo, non è quel tipo di gioco”. Vogliamo aprire la possibilità agli sviluppatori di fare ciò che vogliono fare. Ma penso anche che dobbiamo essere in grado di sostenere, come industria, tutti i tipi di giochi. Sento dai giocatori “Non voglio microtransazioni in tutti i miei giochi”, e hanno tutto il diritto di dirlo. Ci sono modelli in cui le transazioni hanno senso, e ci sono modelli in cui non lo hanno.

Cosa succede ai titoli che non sono videogiochi come servizio?

Abbiamo visto nell’ultimo periodo un enorme calo del numero di avventure single-player. I giochi che forniscono un’esperienza e poi finiscono non sono più seguiti. Come mantenere dunque vive anche queste realtà?

Il pubblico dei giochi dalla grande storia, non direi che sia così grande. Giochi come Zelda o Horizon Zero Dawn stanno riscuotendo un enorme successo. Tuttavia non hanno lo stesso impatto che avrebbero avuto prima, perché i videogiochi come servizio stanno catturando un’enorme quantità di pubblico. Le software-house principali di Sony producono molti di questi giochi; è una decisione aziendale difficile. Come industria, vorrei assicurarmi che sia i giochi single-player sia i giochi come servizio abbiano la possibilità di riuscire nel loro intento. Penso che sia fondamentale per noi. Come creatori, dobbiamo pensare all’accessibilità del contenuto che componiamo. I nostri giochi narrativi sono in qualche modo meno accessibili. Ci sono trame collegate tra più titoli. Se non hai giocato uno di questi, ti senti spaesato.

Xbox Game Pass come Netflix?

Spencer ritiene che, da un punto di vista creativo, abbiamo bisogno di nuovi tipi di esperienza narrativa – ma da un punto di vista aziendale, sta diventando più difficile e più rischioso impegnarsi in questi giochi. Spencer pensa che ci sia una soluzione: monitorare il successo dei contenuti originali realizzati e distribuiti su servizi televisivi moderni.

Ho esaminato servizi come Netflix e HBO, dove è stato creato un grande contenuto perché esiste questo modello di sottoscrizione. Shannon Loftis e io stiamo pensando molto, beh, possiamo mettere giochi narrativi nell’Xbox Game Pass perché hai un abbonamento attivo? Significherebbe che non avresti dovuto consegnare l’intero gioco in un mese; si potrebbe sviluppare e consegnare il gioco come va.

È un’idea affascinante. Fino a oggi i servizi come PlayStation Plus e Xbox Game Pass sono stati utilizzati semplicemente per consentire ai giocatori di accedere a un maggior numero di giochi vintage. Fondamentalmente, ciò che inizialmente accadde con Netflix. Il servizio di streaming si è però evoluto molto per finanziare nuovi materiali e rivoluzionare il mercato. Non c’è da meravigliarsi se Microsoft stia pensando a qualcosa di simile.

Siamo in un’era d’oro della televisione. La capacità di narrazione in TV oggi è veramente elevata e penso sia a causa del tipo di business. Spero che in quanto industria possiamo pensare allo stesso modo. I servizi di sottoscrizione potrebbero incoraggiare nuovi giochi basati sulla storia perché esiste un nuovo modello di business per aiutare a sostenere la loro monetizzazione.

Microsoft Vs. Sony nel mercato

Tutto molto interessante, ma l’attuale situazione del mercato vede Microsoft leggermente più debole di Sony. Se l’azienda nipponica ha dalla sua innumerevoli esclusive, Microsoft eccelle nei giochi di corsa e in titoli come Minecraft, molto seguito tutt’oggi.

In questo momento l’attenzione è davvero sul contenuto che stiamo costruendo. So che ho un appoggio della comunità, e in che posizione siamo rispetto alla concorrenza. Voglio dire alle persone: quello stesso livello di impegno che avete visto nello sviluppo della piattaforma negli ultimi tre anni – come abbiamo evoluto servizio negli ultimi tre anni, come abbiamo evoluto e innovato hardware negli ultimi tre anni – si sta verificando attualmente. Non voglio preannunciare tutto, ma stiamo aumentando il nostro investimento, non c’è dubbio.

Le mosse di Xbox sono dunque molto chiare. Spencer vuole principalmente incentivare i piccoli team e i titoli single-player. Dall’altro lato, vuole diffondere i videogiochi come servizio, senza abusare dei DLC. Avete mai trovato qualche titolo eccessivamente pregno di DLC? Come considerate i contenuti scaricabili a pagamento? Fateci sapere la vostra opinione lasciando un commento.

Articolo di Windows Blog Italia
Fonte | The Guardian